
A Linz era sceso all’Hotel Wolfinger che dava sulla piazza principale in posizione centrale. Dai documenti risultava un ungherese naturalizzato svizzero che lavorava per il «Palestine Post» e il portiere, molto scrupoloso, registrò tutto per le autorità di occupazione.

Si vedeva la piazza antistante, con qualche maceria ma senza gravi danni.
«Non mi sembra ridotta così male» commentò Radovan.
«Oh, non mi riferisco alla piazza, ma a quello che abbiamo visto», fece e poi circospetto, a mezza voce, «Ha visto la fontana della Trinità, quella nel centro della piazza? Quando sono arrivati, nel maggio del 1945, gli americani ci hanno ammassato tutti i nostri ragazzi prigionieri, proprio là perché li vedessero tutti. Saranno stati due o trecento e ce li hanno tenuti per mezza giornata senza mangiare e senza bere» e lo sbirciò per vedere come reagiva.

«Nel caffè qui accanto?» chiese Radovan che fingeva indifferenza ma era tutto orecchie.
«No, loro vanno al Kaffee Maier a cinque minuti da qui». Era fatta, finalmente un indizio; memorizzò il nome del locale, salì in camera, si distese sul letto e si mise a riflettere.